“Sabina, Tymur e Nina quella sera sono saliti sul treno per andare in Germania - ha raccontato Yana, un po’ malinconica - ho pianto tutta la notte un po’ perché mi dispiaceva non riuscire ad aiutarli qua a Pistoia, un po’ perché non sapevo con precisione dove sarebbero andati”. Qualche settimana fa PistoiaSette.net aveva raccontato la storia di una giovane donna ucraina fuggita con il figlio e la mamma dagli orrori della guerra, a tradurre era stata l’amica Yana, una ragazza sua connazionale che le aveva aperto la porta di casa, offrendo aiuto in cambio di niente. Quattro giorni, questa la durata della permanenza di Sabina, Tymur e Nina in Italia. Quattro giorni intensi, colmi di emozioni contrastanti, di lacrime miste a sorrisi e di sensazioni dal sapore così dolce quanto amaro. Ma è tempo di separarsi, “mi sarebbe piaciuto averli qui con me, lei stessa avrebbe voluto avere vicino un’amica - ha proseguito Yana - peccato che lo Stato al momento non offra di più”.
Ma perché la ragazza ha lasciato il nostro paese insieme a mamma e figlio con un treno diretto verso la Germania? A spiegarcelo sono state ancora le parole dell’amica, a cui Sabina ha affidato il racconto della propria storia: “qua a Pistoia avevamo domandato ai vari enti preposti cosa potesse offrire l’Italia ai profughi ucraini: dalla Cgil ci avevano detto di non avere ancora direttive precise, ci eravamo dunque rivolte alla Questura della città e ci era stato riferito di avere pazienza, di attendere informazioni più dettagliate e che al momento, presso la Caritas, veniva dato sia cibo sia un posto per dormire. Fortunatamente Sabina aveva un tetto sopra la testa, quello che cercava era un lavoro che le permettesse di mantenere se stessa, la madre e il figlio in modo da evitare di esaurire il poco denaro che le rimaneva in tasca”. Cercare un impiego non è apparso fin da subito facile, anzi ogni giorno che passava sembrava sempre più un miraggio agli occhi di Sabina, un obiettivo impossibile da ottenere. Ma, in un mondo come quello odierno, così connesso e nel quale le distanze sono azzerate, è facile mantenere i contatti con i propri connazionali: “un’amica di Nina è andata in Germania - ha raccontato Yana - e telefonandole abbiamo saputo che là sono offerti cibo, alloggi, denaro e qualche garanzia sul lavoro”. Facendo un rapido bilancio, Sabina il 10 marzo ha preso la decisione di fare le valigie, salire di nuovo sul treno e partire verso un altro Stato, “siamo quindi andate alla stazione di Pistoia - ha proseguito Yana - ma non ci potevano stampare i biglietti perché si trattava di un treno internazionale, perciò ci siamo recate alla stazione di Firenze dove ci è stato detto di pagare 380 euro”. Ma Sabina, Tymur e Nina sono ucraini e in quanto tali hanno diritto a viaggiare gratis in Europa, motivo per cui, alla fine, sono stati forniti loro i biglietti gratuiti per il treno in partenza quella sera stessa. Dopo aver eseguito un test rapido, i tre sono saliti a bordo alla volta di Berlino, con un cambio a Monaco di Baviera.
“Per fortuna alla stazione in Germania hanno trovato la Croce Rossa che ha fornito loro aiuto: indicazioni, sim telefoniche pagate per tre mesi, gazebo con cibo, prodotti per l’igiene, vestiti - ha raccontato Yana - a Firenze invece non c’era, senza di me non so come avrebbero fatto. Arrivati a Berlino si sono però dovuti spostare nella città di Erfurt perché la capitale è colma di rifugiati, lì sono stati portati in uno dei centri di accoglienza presenti sul territorio, dove è stato loro fornito cibo e alloggio”. Mentre Yana racconta le peripezie dell’amica, squilla il telefono: è Sabina, “stiamo conoscendo gli altri Ucraini che vivono qua - ha detto - ci aiutiamo fra noi: ad esempio chi prima lavorava come parrucchiera, adesso taglia i capelli”. Ma oltre al desiderio di costruire un piccolo mondo tutto loro, c’è anche quello di trovare una buona sistemazione e una fonte di sostentamento: “in Germania - ha proseguito Yana - hanno ricevuto 150 euro a testa per due settimane, un aiuto da parte dello Stato, con cui si sono comprati dei vestiti perché i loro erano troppo pesanti. Per il bambino è obbligatorio da settembre andare a scuola, fino ad allora deve imparare la lingua mediante dei corsi che stanno organizzando. Sabina ha fatto richiesta per avere i documenti e fra 18 giorni dovrebbero arrivare, inoltre in Germania offrono anche un lavoro ai profughi”. Ma la ragazza non smette di sperare, “torneremo in Ucraina e ricostruiremo tutto; mi manca la mia casa, mi manca mio marito”, ha detto Sabina. “Chi voleva andare via dall’Ucraina è già fuggito”, ha spiegato Yana. Adesso dunque il punto è: come far fronte a questi flussi di persone? Come accogliere i profughi ucraini e che tipo di inserimento è previsto? Come impedire che siano vittime di traffici illeciti, come la prostituzione, per citarne uno? Come prevenire infiltrazioni della malavita o il rischio di lavoro nero? Tante le domande a cui dare risposte, nel quadro di una situazione certamente complessa. Un’Italia dal cuore d’oro, che ha dato e dà grande prova di generosità e solidarietà grazie alle reti del volontariato, ai privati e al mondo dell’associazionismo, ma al contempo è lecito domandarsi: come e quanto sono presenti le istituzioni?
Dalla Regione Toscana fanno sapere che l’assessorato che sta seguendo la questione è quello alla Protezione Civile, nella persona di Monia Monni, con cui però non è stato possibile parlare. “Noi ci occupiamo dell’accoglienza - hanno riferito - il nostro compito come protezione civile è quello di trovare un tetto a chi viene nel nostro paese dall’Ucraina, perciò non ci competono temi come quello di prevenire che la malavita si approfitti della situazione. Noi lavoriamo su atti, siamo investiti da un decreto del Consiglio dei Ministri; il Governo centrale ha emesso l’emergenza profughi ucraini e ha attivato la protezione civile nazionale e a cascata le regionali, la cui attività è di supporto alle prefetture: l’accoglienza è in testa a queste ultime. Il Governo centrale deve gestire tali questioni”.
Interpellata, la Prefettura di Pistoia, nella persona di Eugenio Di Agosta, Capo di Gabinetto, fa sapere che “è un tema complesso - ha riferito - il governo, con una serie di decreti legge, ha costruito un’architettura innovativa per gestire questo fenomeno, data la sua particolarità: a seguito del conflitto, l’arrivo di persone è quantitativamente massiccio e concentrato in un medesimo periodo di tempo. Siamo abituati ad un’immigrazione, quella degli ultimi dieci anni, che ha tempistiche più dilatate, il caso in questione è differente. Da questo punto di vista quindi, l’architettura del sistema prevede una serie di concorsi da parte di più soggetti. In prima battuta è stato mantenuto il sistema delle prefetture per quanto riguarda l’accoglienza, in questo caso il governo ha deciso di riconoscere a coloro che provengono dall’Ucraina la possibilità di essere accolti all’interno dei centri di accoglienza. In parallelo c’è un sistema in capo alla protezione civile. Si tratta di strade che viaggiano in parallelo e che si integrano a vicenda. Quindi il primo sistema è quello dei centri di accoglienza straordinari delle prefetture, che fa direttamente capo a noi e che noi stiamo cercando di allargare: di recente abbiamo pubblicato sul nostro sito una manifestazione di interesse alla quale gli operatori economici e le associazioni del terzo settore possono partecipare; lì sono indicati in maniera dettagliata i termini dei requisiti che le strutture devono avere, il compenso previsto per questa forma di accoglienza e i servizi che devono essere svolti: di tutela legale, di assistenza alla persona e all’orientamento sul territorio, di mediazione culturale. Questa è la tipologia di accoglienza che stiamo facendo e che continuiamo a fare anche per altri tipi di immigrazione che non provengono dall’Ucraina e che non si sono fermati. Nei nostri centri di accoglienza ci sono per la maggior parte queste persone appena indicate, nel frattempo stiamo dando accoglienza anche a nuclei familiari ucraini che si sono rivolti in Prefettura, con i numeri che abbiamo la possibilità di offrire. Facciamo anche un punto quotidiano con la Regione, la protezione civile regionale e tutte le altre Prefetture; la protezione civile regionale ha creato due punti unici di appoggio: a Firenze al Mercafir e al Porto di Livorno, dove i profughi ucraini possono andare a farsi il tampone ed essere accolti così in prima battuta; poi esiste anche una serie di alberghi di prima accoglienza in tutti i capoluoghi della provincia laddove se ne crei la necessità qualora i centri di accoglienza della Prefettura siano saturi. Noi ci avviciniamo molto a questa soglia, stiamo per esaurire i posti di nostra competenza e quindi dovremo attivare la protezione civile per reperire i posti in albergo. La maggior parte delle persone attuali è accolta da amici e parenti. Abbiamo fatto una serie di riunioni e abbiamo distribuito circolari per dare istruzioni operative su ciò che devono fare le persone dal punto di vista sanitario per quanto riguarda vaccinazioni, tamponi ed essere regolari sul territorio nazionale. Abbiamo quindi una serie di procedure operative che speriamo facciano funzionare bene il sistema, a questo abbiamo unito anche una serie di interlocuzioni con le parti sociali, attivando il centro per l’impiego che recepirà le candidature per trovare lavoro a queste persone che giustamente hanno bisogno di lavorare: prima avranno una loro indipendenza economica, prima riusciranno a trovarsi anche una sistemazione più adeguata. È tutto un lavoro di cucitura, di tessitura e di rapporti stretti con gli enti del terzo settore: le Caritas stanno dando una grande mano”.
Ma sono previsti percorsi di inserimento nel mondo del lavoro per i profughi ucraini? A rispondere a questo interrogativo è Daniele Gioffredi, Segretario Generale Cgil Pistoia, che il 17 marzo ha partecipato ad una riunione proprio in merito a ciò. “La Prefettura di Pistoia ha convocato le varie associazioni di categoria, Cgil, Cisl e Uil proprio perché voleva affrontare, oltre al tema dell’accoglienza, anche quello dell’inserimento dei profughi ucraini all’interno di una dimensione lavorativa che potesse dare un’ulteriore possibilità di cittadinanza attiva a queste persone. Da parte delle associazioni di categoria c’è una piena disponibilità a lavorare, adesso siamo in una fase in cui si fanno proposte. Inoltre il 4 marzo è uscita l’Ordinanza n. 872 da parte della Protezione Civile che, all’Art.7, dà una corsia preferenziale, un percorso specifico più accelerato per quanto riguarda le assunzioni dei profughi ucraini”. Il documento in questione recita infatti che “lo svolgimento di attività lavorativa sia in forma subordinata, anche stagionale, che autonoma è consentita alle persone provenienti dall’Ucraina a seguito della crisi in atto, sulla base della sola richiesta di permesso di soggiorno presentata alla competente Questura, in deroga alle quote massime definite dalla programmazione annuale adottata con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri […]”. Ma particolare attenzione deve essere riservata all’inserimento in un percorso lavorativo di legalità: il rischio reale e concreto è che i profughi, per lo più donne e bambini, vengano utilizzati per altre finalità e cadano vittime di traffici illeciti e lavoro nero. “Il tema è: come canalizzare nella giusta modalità queste persone? - ha sottolineato Gioffredi - dato che gli uomini rimangono in Ucraina a combattere, c’è già una discriminante rispetto al fatto di trovare delle soluzioni che diano risposte lavorative a persone prevalentemente di genere femminile. Bisogna darsi un’organizzazione, per fare ciò è necessario individuare le persone attraverso una loro profilazione, necessaria per fare un incrocio tra domanda e offerta di lavoro: una sorta di rilevazione delle competenze per meglio individuare in quali settori indirizzare questi individui. Dal punto di vista sindacale è chiaro che questi percorsi siano da noi auspicati, possiamo anche dare un supporto da un punto di vista contrattuale perché dobbiamo evitare che i profughi entrino nel mondo sommerso del lavoro nero o grigio. A Pistoia la media delle aziende è molto piccola, ma esistono anche aziende più strutturate e più grandi, dunque sarebbe un atto molto significativo e distintivo da parte loro quello di fare alcune assunzioni, anche per un periodo a tempo determinato. Bisognerebbe procedere in primis facendo una sorta di anagrafe di queste persone e poi inserirle nel mondo del lavoro; servirebbe anche un mediatore culturale perché non tutti conoscono la lingua italiana. Erano presenti alla riunione anche alcune aziende vivaistiche; il dirigente scolastico del provveditorato, per quanto riguarda l’inserimento scolastico e il centro per l’impiego che dovrebbe, insieme con la Prefettura, provare a fare da coordinamento rispetto a questi percorsi”.
Interpellata, la Caritas Diocesana di Pistoia risponde alla domanda: qual è la procedura di accoglienza riservata agli Ucraini? “Stiamo aspettando le indicazioni precise delle Prefetture, ad ora non siamo in una piena fase operativa e tutta la macchina organizzativa che si sta muovendo è riservata ad iniziative autonome prese dalle organizzazioni del terzo settore e dalle reti associative che hanno aiutato direttamente e in modo autonomo i profughi. È una questione ancora tutta in divenire: la Prefettura e il Governo italiano hanno individuato le modalità di accoglienza, la gestione dei centri preposti e anche la disponibilità delle famiglie; la gestione è in capo alle Prefetture, dopodiché vengono coinvolti vari enti fra cui anche noi. Ci vuole ancora un po’ di pazienza, bisogna aspettare per capire i numeri in modo più preciso, attendiamo le direttive della Prefettura e della Regione Toscana, dopo di che si potrà dire qualcosa di più e, in base al tipo di organizzazione stabilita, potremo immaginare le nostre risposte come chiesa”.
Certamente il quadro è complesso: gestire una situazione come questa non è facile sotto molti punti di vista. È auspicabile una procedura di accoglienza il più funzionale possibile all'inserimento dei profughi in Italia, per prevenire traffici illeciti e infiltrazioni malavitose, ma anche per lo sviluppo di un’integrazione che sia vantaggiosa sia per chi viene accolto, sia per chi accoglie .
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